Se c’è una ragione per la quale il Museo del Risorgimento di Trieste non potrà mai cambiare la sua sede, questa risiede nel grande salone centrale del Museo stesso. Si tratta dei grandi affreschi murali di Carlo Sbisà (Trieste 1899-1964) che decorano la stanza.
Il Museo è infatti ospitato nell’edificio appositamente costruito dall’architetto Umberto Nordio nel 1934 e questi imponenti affreschi, che dominano il salone dedicato ai volontari giuliani e dalmati, raffigurano figure femminili a mezzo busto che rappresentano allegoricamente le città redente di Trieste, Aquileia, Gorizia, Fiume, Zara, Pola e Parenzo. L’unica ad avere il capo velato di nero è Spalato, ancora irredenta, mentre la sola figura intera è quella di Madre Italia.
Il 20 settembre 1870 l’Italia conquista Roma che diviene capitale dello stato italiano ed il Papa perde il potere temporale. Questi affreschi di Sbisà rappresentano il concetto di religione della Patria. Con queste pitture egli fece propri i canoni artistici dettati dal periodo storico, secondo i quali la figura umana doveva occupare una posizione dominante all’interno dell’opera. Sbisà condivideva l’idea di altri artisti ed architetti secondo cui l’arte doveva essere complementare all’architettura e tra il 1933 ed il 1941 eseguì diversi affreschi all’interno di edifici di nuova realizzazione come nelle case di via Murat 12 e 16, nella Galleria Protti di Corso Italia e nel palazzo Generali di via Torbandena 1.