Storie

L’acqua di Maria Teresa

25 Dicembre 2022

Trieste ha una particolare situazione idrogeologica, così come il territorio di quella che è la sua (piccolissima) provincia. In ogni epoca la sua storia è stata condizionata dalla questione dell’approvvigionamento idrico, argomento sul quale sono tornata in numerose occasioni, sia che mi trovassi in Val Rosandra, sia che mi trovassi in centro città o lungo la strada costiera.

L’acquedotto teresiano è stato un’importante opera idraulica, avvenieristica per l’epoca, che funzionò ininterrottamente per quasi due secoli, dal 1751 al 1945, anno in cui è stato definitivamente abbandonato. Accadde che quando nella metà del XVIII secolo, Trieste aumentò sensibilmente la sua popolazione, a causa dello sviluppo del porto e dei traffici commerciali, l’amministrazione cittadina dovette far fronte al grave problema dell’approvvigionamento idrico, rivolgendosi ad alcune sorgenti che scaturivano alla periferia della città. Venne realizzato così il primo nucleo dell’acquedotto Teresiano, opera di captazione e trasporto idrico che andava ad alimentare le principali fontane della città.

Il suo principio di funzionamento era molto semplice: scavando nel terreno una galleria si incontravano varie fratture in corrispondenza delle quali, si poteva intercettare la poca acqua disponibile, che percolava dalle pareti. Più era lunga la galleria, più discontinuità si incontravano e quindi più acqua era possibile raccogliere.

Quando io e Guido ci trovammo di fronte ad uno degli accessi dell’acquedotto, nel rione di San Giovanni, non era possibile scendere giù ma oggi, a distanza di qualche anno, alcune gallerie sono state liberate e ci sono cunicoli accessibili per gli appassionati del genere, una sorta di archeologia urbana.

Foto © Lucio Ulian

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