Per un breve periodo della mia vita ho vissuto nei pressi dell’imbocco della ciclopedonale Cottur che si trova nel rione di San Giacomo, a Trieste, nascosto fra le palazzine. Non è bello il primo tratto che, sviluppandosi appunto nel centro città, deve scorrere un po’ e oltrepassare la parte abitata per aprirsi poi, superato anche il rione di Altura e la strada asfaltata, alla Val Rosandra e proseguire in sterrata fino a Draga Sant’Elia.
Quando con Guido ci dedicammo una puntata di Percorsi, per raccontarla, andammo direttamente a Draga da dove, finita la ciclabile, si dipanano alcuni sentieri come ad esempio quello della Salamandra che conduce alle Jazzere e agli stagni del Carso. Ogni qualvolta invece la intraprendevo da San Giacomo per andare a correre, non riuscivo mai a superare Altura.
È così che, presa da un’estremità o dall’altra, sono riuscita a scorrerla tutta. Titolata in onore a Giordano Cottur, figura storica del ciclismo, tre volte terzo al Giro d’Italia dietro a Coppi e Bartali e vincitore a Trieste di una tappa nel 1947, è un percorso facile, adatto a tutti (l’ho percorsa nei momenti più performanti e meno performanti della mia vita) che segue il tracciato della ex ferrovia Trieste-Erpelle che fu attiva tra il 1887 e il 1959 e la cui storia è significativa poiché questa linea fu costruita dal governo Austro-Ungarico in soli 20 mesi, impiegando 2.600 operai.
Collegava Trieste con la linea ferroviaria Transalpina che congiungeva l’Istria con Gorizia, per poi risalire verso Vienna. Lungo il percorso è possibile ancora incontrare le originarie strutture ferroviarie, come le gallerie scavate nella roccia per consentire il transito dei vagoni.
Fuori dalla città non mancano scorci e panorami veramente belli, e proseguendo lungo il costone a fianco del Monte Stena il tragitto continua a salire. Moltissime persone, soprattutto quando la stagione è delle migliori, frequentano questa strada proprio perché permette di raggiungere il Carso a piedi o in bici, direttamente dal centro di Trieste.
Foto monte Stena © Lucio Ulian