Giungendo a Trieste dalla strada Costiera e superato il bivio con Miramare, la strada si affianca a quella che, a buon dire da queste parti, è considerata spiaggia. Se un turista chiede ad un triestino “quale è qui la spiaggia migliore?”, i Topolini si collocano in vetta alla classifica, seguiti da Pedocin e Ausonia. Eppure è molto raro che un turista, visti i Topolini, non resti perplesso… ma quale spiaggia? (gli viene da chiedersi)
Già dai tempi romani il rione di Barcola ospitava lussuose dimore patrizie, delle quali numerosi reperti sono oggi conservati all’interno del Lapidarium nel Castello di San Giusto. Attraeva quindi questa zona della città da sempre per la possibilità che offriva di vivere il mare. Ad oggi nella sostanza delle abitudini poco è cambiato, a Barcola si va anche quando si hanno solo un paio d’ore di tempo proprio per godere della salsedine nell’aria.
Andare a Barcola è sinonimo di “andare al mare” e poiché il lungomare è per lo più ciottoloso, tranne nella zona del porticciolo in cui diventa sabbioso, vennero costruite una serie di terrazze chiamate Topolini realizzate a due piani: il piano alto è una terrazza sul livello della strada (dove gli automobilisti d’estate passano rassegnati alla colonna che gli aspetta) mentre sotto, a livello del mare, si sviluppa un’area dalla quale è possibile, tramite scalette, scendere in mare a nuotare.
A Trieste la questione degli stabilimenti balneari esiste fin da quando a governare c’erano gli Asburgo ma i Topolini vennero inaugurati nel 1926, sotto l’Italia. Avevano un altro nome, così come l’attuale viale Miramare si chiamava viale Regina Elena, all’epoca anche i Topolini si chiamavano “Bagno di Cedàs”.
Con i primi caldi estivi le terrazze, che viste dall’alto hanno forma di orecchia di Miky Mouse, per questo forse il nome di Topolino, si affollano di sdraio e asciugamani, mentre dalla parte bassa si odono tuffi e grida dei più giovani.
Dalla pineta al bivio il lungomare di Barcola è uno spazio balneare pubblico, orgoglio della cittadinanza che non potrebbe mai farne a meno.
Foto © Lucio Ulian